Televisione

Alice ed Ellen Kessler, le loro famose gambe e i collant neri (foto Teche Rai)

 

Se ne vanno insieme, a 89 anni, Alice ed Ellen Kessler, le gemelle nostalgiche di una tv e di un varietà che non esiste più. Hanno deciso di morire una di fianco all’altra, iniettandosi autonomamente una dose letale di un farmaco che ha fermato il battito del loro cuore. Una storia, quella delle sorelle tedesche, che inizia nel 1961 grazie al genio e alla lungimiranza di Antonello Falqui agli albori della televisione italiana, alle coreografie di Don Lurio, all’orchestra di Gorni Kramer. In quel Giardino d’inverno che, per la prima volta, apriva il music-hall italiano alle suggestioni internazionali. Un’ora sola di musica ogni sabato sera alle 21 sul Primo e unico canale nazionale.

 

Le gemelle Kessler durante un'esibizione negli anni '60 (foto Teche Rai)

 

Il Quartetto Cetra e due ragazzone bionde, le gambe mostrate tra i fastidi di una politica ultra cattolica e conservatrice, le gambe delle Kessler che accendono le fantasie recondite dei telespettatori. Balli, ballettini e movenze e ammiccamenti che appaiono adesso, con il sempre valido senno del poi, ingenui e perfettamente allineati alle mire di castità della dirigenza televisiva di allora. Un successo clamoroso, replicato lo stesso anno a Studio Uno. La scenografia minimalista del set di Via Teulada, le luci su sfondi bianchi e ancora quelle gambe che risaltano più di prima, tra le note di un brano che farà la storia dei motivetti orecchiabili e nonsense della storia televisiva italiana. Il Dadaumpa, minuziosamente confezionato da Don Lurio non per una, non per due, ma per «quelle quattro gambe delle Kessler», come ricorderà anni dopo il coreografo. Talmente irresistibili che anche la severa censura quelle gambe non le taglierà, ma le rivestirà di monacali collant neri coprenti, che non si sa mai, con il bianco e nero si poteva anche pensare che quelle gambe fossero nude.

 

In un momento di pausa prima di entrare negli studi Rai (foto Teche Rai)

 

L’eros che si fa strada con difficoltà tra le trasmissioni di una neonata azienda ossessivamente attenta ai dichiarati obiettivi pedagogici e moralisticamente giusti. Davanti a quello schermo un pubblico scalpitante, curioso e finalmente pago di quell’umano stimolo voyeuristico. Anche con le gambe seminascoste dalla calza nera, si era contenti lo stesso. Saranno anche testimonial, nel 1966, dell’Omsa, azienda produttrice di collant, con lo slogan irresistibile “che gambe!”  e negli anni a venire ritorneranno in Italia per ricordare quei tempi passati sotto i riflettori di trasmissioni celebrative, di afflati nostalgici e di ricordeRai che sono un po’ come un avvertimento: cari telespettatori, vicini e lontani, sono passati poco più di sessant’anni, ma sembra un’eternità. Un’eternità che è parte di quell’insopprimibile e meraviglioso inganno della televisione, una sfasatura temporale che è di luci, di lustrini, di gonne e di paillette. Di gambe. E che gambe!

 

 Una delle ultime esibizioni (foto Teche Rai)