Tra i banchi

Smartphone a scuola

(foto Creative Commons)

 

«Ai ragazzi era già proibito ovviamente usare i cellulari durante le lezioni, ma nella didattica sono uno strumento utile. Per attività più trasversali come corsi sulla sicurezza o educazione alla salute, poter far fare in pochi minuti un test ognuno dal suo dispositivo è molto comodo», spiega la professoressa Diana Scagliarini, collaboratrice dirigente del liceo classico Galvani.

Ma da settembre gli studenti dovranno adeguarsi e i professori ingegnarsi, perché la circolare del ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, pubblicata lunedì 16 giugno, è perentoria: gli smartphone in classe sono vietati, anche per fini didattici, con la sola eccezione di studenti con programmi personalizzati causa disabilità o in alcuni specifici indirizzi di studio che si occupano anche di informatica e telecomunicazioni.

 È d’accordo con il ministro Isabella Conti, l'assessora regionale a welfare, terzo settore, politiche per l'infanzia e scuola. «Io penso che sia una misura molto giusta. L'onestà intellettuale che mi ha sempre contraddistinta non mi permette di dire altro - spiega Conti. - Sappiamo per certo che ci sono delle correlazioni tra disagi dei nostri ragazzi, depressioni, difficoltà di relazioni, aumenti dei disturbi alimentari, aumenti dei disturbi sulla concentrazione. Credo che un provvedimento da parte delle istituzioni vada preso, per aiutare i nostri ragazzi a recuperare il senso della relazione profonda. Soprattutto a scuola momento di maggiore relazione tra coetanei. Fosse per me toglierei anche il registro elettronico, è uno strumento che rischia di deresponsabilizzare i ragazzi. O peggio di togliere la loro possibilità di scelta se comunicare o meno un aspetto dalla vita scolastica ai genitori, che sia un'assenza o un brutto voto».

 «Per le verifiche ci facevamo consegnare tutti i dispositivi in anticipo, nelle giornate ordinarie invece non abbiamo mai applicato un ritiro preventivo dei cellulari con restituzione a fine giornata. Anche perché i ragazzi e le ragazze che oggi sono in quinta hanno fatto i primi anni di superiori 4-5 anni fa in pandemia. L’uso di tablet, computer, applicazioni e simili nella didattica per loro è la normalità», continua Scagliarini.

Come far valere questo divieto viene lasciato dalla circolare alla fantasia e alla perseveranza del corpo docente, che non solo dovrà adeguare determinate attività facendo a meno di supporti digitali, ma dovrà determinare quali misure applicare e su cosa. Per esempio uno smartwatch, orologio che va su internet e ha uno schermo che funziona col tocco delle dita, conta tra i dispositivi da vietare? E l’utilizzo di siti come Kahoot!, che consente a un professore di organizzare quiz interattivi per la classe con domande a risposta multipla proiettate in aula a cui ogni studente può rispondere dal proprio dispositivo toccando il colore della risposta che ritiene giusta, sarà considerato una violazione della circolare?

Scagliarini non ha quindi certezze per le lezioni che riprenderanno a settembre: «Dovremo capire noi, come penso molti altri, come organizzarci. Spesso un insegnante caricava dei materiali sul drive della classe chiedendo che venissero visualizzati o controllati dagli studenti. Altre volte si facevano lavori di gruppo online».

Il dibattito sull’uso dei cellulari a scuola va avanti da diversi anni. Già l’anno scorso erano stati vietati nelle scuole medie con un’altra circolare. In entrambe, tra i motivi che avevano portato all’imposizione del divieto, vengono citati studi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che evidenziano gli effetti negativi dell’utilizzo dello smartphone sul rendimento degli studenti.

L’Italia non è sola in Europa su questo fronte: la Francia dal 2018 ha vietato con una legge l’uso dei cellulari in classe, seguita dai Paesi Bassi da gennaio 2024. Più leggere le azioni dei paesi scandinavi, Finlandia e Svezia hanno ridotto il possibile uso dei dispositivi a scuola a soli fini didattici, mentre in molti altri stati si discute di possibili provvedimenti o si sperimentano iniziative che coinvolgano anche le famiglie dei ragazzi, come stanno facendo alcuni istituti del Regno Unito. A Saint Albans, poco fuori Londra, da circa un anno si cerca di evitare che i ragazzi entrino in contatto con gli smartphone prima dei 14 anni. La campagna è partita dalle scuole primarie della città e ha ricevuto il contributo delle istituzioni locali e delle famiglie.