Scuola
(Foto Ansa)
A Bologna sta prendendo piede una misura che interesserà migliaia di studenti e cambierà la loro organizzazione scolastica, ma potrà portare anche a modifiche più profonde nella didattica. Negli ultimi mesi, numerosi istituti della città hanno annunciato l’adozione della settimana corta a partire da settembre 2026. Questo significa sabato libero da lezioni, in cambio di giornate più lunghe, rientri pomeridiani, ma anche più pause, divisioni diverse di compiti e verifiche, insieme a lezioni più pratiche. L’obiettivo di chi promuove questa misura è dare a quasi settemila nuovi studenti e centinaia tra professori e impiegati scolastici più tempo libero da dedicare ad amici, hobby e famiglia, per migliorare l’equilibrio tra studio, lavoro e riposo.
La proposta, presentata dai dirigenti degli istituti coinvolti, ha anche ricevuto un’apertura dall’assessora regionale per la scuola Isabella Conti che sul punto ha parlato di «conciliare opinioni favorevoli e contrarie, affinché si soddisfino le esigenze di tutti e si protegga il benessere dei nostri studenti». Oggi sono quattro gli istituti che ridurranno l’orario settimanale, ciascuno in modo diverso. All’istituto tecnico Aldini Valeriani, le lezioni saranno leggermente più lunghe, l’orario d’uscita slitterà di un’ora e ci sarà un secondo intervallo di venti minuti verso le 12:30 per permettere agli studenti di pranzare. Un altro tecnico, il Belluzzi Fioravanti, seguirà un modello simile: ore da 55 minuti e campanelle che suoneranno un’ora più tardi. Discorso diverso per il liceo Galvani, dove solo le matricole del classico godranno del sabato libero, con lezioni da 55 minuti e un’uscita posticipata per due giorni su cinque. Il nuovo arrivato del gruppo, il liceo artistico Arcangeli, allungherà le lezioni e dividerà le materie teoriche al mattino e le attività pratiche al pomeriggio, mentre saranno previsti pochi sabati in presenza riservati a ore di recupero e potenziamento.
Elvis Mazzoni, professore di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Bologna, spiega che «il sabato libero, già diffuso all’estero, permette alla scuola di risparmiare tempo e risorse grazie al calendario più breve, ai docenti di organizzarsi meglio e agli studenti di riposare, studiare di più e svolgere attività aggiuntive nel pomeriggio, dentro e fuori dalle classi». Non si tratta di una novità assoluta. A Bologna esistono già istituti che rimangono chiusi il sabato, tra cui i licei Laura Bassi e Lucio Dalla, insieme agli istituti Rosa Luxemburg, Aldrovandi-Rubbiani, e Manfredi-Tanari. In particolare, gli alunni del Laura Bassi – che ha adottato la settimana corta nel 2001 – hanno raccontato di riuscire a studiare con più tranquillità e di riposarsi meglio rispetto ai loro colleghi che vanno a lezione il sabato. Nemmeno i rientri più lunghi sembrano essere un problema, perché per molti è solo una questione di abitudine. È una rivoluzione per combattere lo stress accolta in modo positivo da molti, ma che ha comunque sollevato perplessità sulla sua efficacia.
Tra le mura dell’Aldini Valeriani è emersa una grossa fetta di ragazzi che spinge per la settimana corta, ma anche diversi che restano scettici. Uno studente ha definito il sabato libero come «un privilegio necessario per riposare e studiare», mentre un altro ha detto che è felice per la novità, perché «la domenica non basta per riposarsi e studiare». Altri alunni approvano il maggior riposo con alcune riserve. «Sono super d’accordo nell’avere più tempo per me, però si può accumulare più stanchezza durante la settimana», dice una studentessa, mentre una sua compagna sottolinea come tutto dipenderà da «come i professori si adegueranno con il carico di studio e con le lezioni, perché saremo più stanchi del normale». Senza un aumento delle corse dei mezzi pubblici, chi abita lontano dovrà viaggiare negli orari più affollati di lavoratori e universitari, con meno tempo tra lunedì e venerdì per recuperare dalle lunghe giornate, diluendo il riposo aggiuntivo del sabato. «Per tornare a casa ci impiego più di un’ora, a volte anche di più a causa dei cantieri – ammette uno studente – e mi è difficile studiare, figuriamoci fare altro. Capita spesso che devo studiare sette materie diverse, e non voglio immaginare cosa succederà da settembre». Un suo compagno di classe rincara la dose: «Molti di noi sono contrari, ma sembra non siamo stati considerati. Per questo io penso che la decisione ignori le preoccupazioni e le opinioni di una parte importante della scuola». Il rifiuto più forte è nato dalle famiglie degli iscritti all’Arcangeli, secondo cui la settimana corta costringe gli studenti a viaggiare in orari più affollati, rendendo insostenibili i ritmi giornalieri dei ragazzi. Inoltre, le famiglie sostengono che la scelta sia stata presa per soddisfare le esigenze della scuola e non quelle degli alunni. Il professor Mazzoni spiega che la settimana corta dev’essere pensata come il prodotto finale di un cambiamento più profondo: «Replicare l’approccio didattico di oggi senza adattarlo ai nuovi orari sarebbe inefficace. Serve ripensare da capo sia gli insegnamenti, cioè modificare carichi di studio e struttura delle lezioni, magari con attività pratiche pomeridiane, sia tutti i servizi pubblici che fanno funzionare la scuola». «In mezzo a questa strada, però, ci sono diversi scogli, a cominciare dai docenti stessi, che spesso impiegano gli stessi metodi di insegnamento, senza aggiornarli e senza considerare che nella scuola sono cambiati tempi e modalità, così come nel mondo del lavoro», commenta il professore di Unibo.
Anche l’atteggiamento delle famiglie può complicare le cose: «Dal punto di vista dei genitori, il tema diventa controverso – continua – perché per alcuni il sabato libero è una buona notizia, mentre per altri è un investimento di tempo per gestire i figli che rimangono a casa». Emblematico è l’esempio dell’Arcangeli dove le famiglie «vogliono la botte piena e la moglie ubriaca, cioè si aspettano che la scuola sia sempre disponibile secondo le loro esigenze. Se la scuola viene trattata come un servizio di custodia, allora ogni scelta diventa motivo di scontro e si perde di vista la sua funzione educativa», aggiunge Mazzoni. Secondo Ira Vannini, direttrice del dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, c’è bisogno di una scuola che combini organizzazione curricolare e qualità dei processi di insegnamento e apprendimento. «Oltre i vari vantaggi, la settimana corta comporta anche un accumulo di ore giornaliere, che in certi casi potrebbe degenerare in un sovraccarico cognitivo che non aiuta l'apprendimento e la motivazione allo studio. A fronte di questo, la scuola ha certamente bisogno di innovare le sue proposte didattiche e di supportare gli insegnanti nel progettare al meglio. Non dovrebbe limitarsi solo alle lezioni frontali, ma dovrebbe offrire anche attività creative ed espressive e momenti dedicati a recuperi di materie, attraverso un rafforzamento trasversale e condiviso tramite una pianificazione collegiale e interdisciplinare tra gli insegnanti». Sfortunatamente, spesso le risorse mancano per adempiere a standard simili: «Purtroppo le politiche scolastiche nazionali non riescono a supportare le scuole e gli insegnanti. Mancano risorse e interventi per garantire reale qualità al lavoro dei docenti e costruire una scuola più equa ed efficace», conclude Vannini.
C’è poi il problema dei rientri, per cui l’assessore alla scuola del Comune di Bologna, Daniele Ara, ha già previsto una ridistribuzione dei flussi di passeggeri nei giorni feriali e l’aggiornamento delle corse dei bus. Secondo Mazzoni, «l'amministrazione pubblica deve adeguarsi alla direzione che stanno prendendo gli istituti, aumentando i servizi durante gli orari critici. Si tratta di un problema risolvibile, che non costituisce motivo per bloccare un cambiamento così importante come la settimana corta». Vannini approfondisce di più la questione: «Attualmente molti ragazzi si svegliano all’alba e rientrano a casa molto stanchi nel tardo pomeriggio, quindi un ripensamento dei trasporti è necessario. Per chi proviene da contesti più svantaggiati, venire a lezione sarebbe più semplice, con un percorso scolastico meno faticoso». L’idea della settimana corta è buona, ma ha bisogno della giusta impalcatura.