Esteri
L'ex presidente del Consiglio Romano Prodi (foto Ansa)
Cosa c'è di nuovo sul fronte occidentale? O piuttosto, com'è lo stato di salute dell'Occidente? La risposta di Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea e due volte presidente del Consiglio dei ministri, è una sola, diretta e tagliente: «E' inutile negarlo, non sta per niente bene». Una frase concisa che però racchiude in sé tutto il peso della questione politica e culturale di un'Europa, nella fattispecie, che non riesce a farsi valere sul tavolo da gioco del mondo; un'Europa che continua «a prendere sberle sempre più forti dagli Stati Uniti».
L'occasione per raccontare e analizzare tali problematiche Prodi l'ha colta grazie alla sua partecipazione, ieri sera, alla conferenza di geopolitica dal titolo "Esiste ancora l'Occidente?", nella Sala Bolognini del centro culturale San Domenico, proprio di fianco all'omonima basilica. In dialogo con lui il giornalista Luciano Nigro. Molte dunque le questioni toccate, dai continui scontri tra l'Unione europea e il Presidente americano Donald Trump alla politica italiana, dalle sfide economiche che vedono la Cina come principale avversario alla mancanza di una visione coesa delle nazioni europee.
Su Trump il pensiero di Prodi è chiarissimo: «E' nato immobiliarista, ha lo spirito dell'uomo d'affari, ragiona in quella maniera. E odia l'Europa. Va detto, la odia proprio. Inoltre è un uomo che non tiene conto dei vincoli legislativi. Ritengo che l'America sia ormai preda di un autoritarismo crescente e non esercita più il suo ruolo di promotrice di diritti e di equilibri sociali. Ma ciò che stupisce è in particolare la debolezza delle risposte agli affronti del suo Presidente».
E davvero non c'è un riscontro forte da parte dell'Unione, sintomo di una politica comunitaria caratterizzata da una frammentazione ideologica e da regole troppo stringenti per prendere iniziative considerevoli. «L'unanimità nel prendere le decisioni e il no ad azioni collettive fanno sì che non si riesca a dare soluzioni appropriate», è appunto l'affondo del Professore ai vertici Ue, per poi rincarare la dose sottolineando come la forza politico-economica del Vecchio Continente sia venuta meno da diverso tempo ormai. Una forza che vedeva Germania e Francia come «i due pistoni del motore europeo. Ora questi due Paesi non sono più amici come prima. In generale, si preferisce alzare le barriere, ogni Paese dell'Unione cura i suoi interessi e basta. Invece è conveniente trovare una linea comune contro il rischio di un mondo più povero e diseguale. Sarebbe anche un metodo decisamente migliore per affrontare avversari economici del calibro della Cina, che ha il record internazionale di esportazioni».
Se sul fronte estero la situazione non è affatto rosea, secondo Prodi nemmeno le dinamiche interne all'Italia non sono da sottovalutare. «Il governo italiano presenta una situazione surreale in cui la nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sta con Trump, Matteo Salvini sta con Putin e Antonio Tajani sta con l'Europa». E il centrosinistra? Anche qui la sua risposta non lascia scampo: «Il centrosinistra non c'è, si è indebolito tantissimo in tutti i Paesi, così come si è indebolito parecchio il legame tra i partiti europei. In sostanza, non abbiamo un vero leader intellettuale in cui ci possiamo identificare».
Quello di cui si necessita è «una leadership morale concreta e stabile, in grado di far coalizzare le parti. Dobbiamo avere la forza morale e l'intelligenza di lavorare assieme». Infine, la nota di speranza con cui chiude il Professore alla fine dell'incontro rimane quella di credere e sperare nelle giovani generazioni, e di mobilitarle nel segno della coesione sociale, poiché è solo all'interno di essa che nascono le vere guide politiche.