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Una delle sedi universitarie di Unibo (foto Ansa)
«Dobbiamo sostenere la nostra università. Al rettore e ai docenti la mia massima solidarietà e vicinanza». È con le parole del sindaco Matteo Lepore che il dibattito intorno alla decisione dell’Alma Mater di non procedere all’istituzione di un corso di filosofia ad hoc per gli allievi dell’Accademia militare di Modena esce dalle aule universitarie per aprirsi al resto della città. Il sindaco decide di farlo dopo che la presidente del Consiglio ha accusato l’Università di Bologna di atto incostituzionale, rendendo inevitabile la discussione a livello politico.
«Mi sono fatto un’idea sulla questione – dichiara Lepore – ma non voglio mettere in difficoltà nessuno, né fare polemica, perché penso che la nostra università abbia le spalle larghe. Esprimo a tutti quanti, rettore e professori, tutta la mia solidarietà e la mia vicinanza». Parole di sostegno, che s’inseriscono in un copione che ormai si ripete. Le vicende bolognesi da tempo innescano reazioni a catena a Roma, a livello del Governo.
Facciamo un passo indietro. Lo scorso ottobre, l’Università di Bologna comunica ai vertici dell’Accademia Militare di Modena che non ci sono le condizioni per attivare un corso di laurea triennale in filosofia specifico per 10-15 ufficiali. La vicenda sarebbe iniziata e finita lì. Anzi, non ce ne sarebbe stata una. Invece, sabato scorso, il 29 novembre, il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, il generale Carmine Masiello, durante il suo intervento agli Stati Generali della Ripartenza a Bologna ha espresso la sua delusione per la decisione dell’Alma Mater: «Non hanno voluto avviare questo corso, finalizzato alla creazione di un pensiero laterale nell’Esercito, per timore di militarizzare la facoltà. Rappresento un’istituzione che non è stata ammessa all’università». Da allora, un crescendo di reazioni, che risalgono la gerarchia di Palazzo Chigi. Dapprima intervengono i ministri – Guido Crosetto per la Difesa, Matteo Piantedosi dell’Interno e Anna Maria Bernini per l’Istruzione e la Ricerca – poi ieri i toni si sono alzati con le parole della presidente del Consiglio, che ha definito il rifiuto dell’Università di Bologna una scelta incomprensibile, gravemente sbagliata e lesiva dei doveri costituzionali».
Da parte sua, l’Alma Mater replica che i motivi dietro la decisione tanto criticata sono di natura pratica e non ideologica: «Chiunque sia in possesso dei requisiti necessari, cioè un diploma di scuola superiore, può liberamente iscriversi ai corsi di studio dell’Ateneo». Con l’Accademia Militare di Modena è attiva già da vent’anni una collaborazione nell’ambito del corso di laurea in Medicina Veterinaria, quindi la scelta non avrebbe nulla a che fare con la paura di militarizzazione della facoltà. «Il corso – si legge nel comunicato ufficiale dell’ateneo – prevedeva lo svolgimento delle attività interamente presso la sede dell’Accademia, secondo il relativo regolamento interno, e un significativo fabbisogno didattico. L’Accademia si rendeva disponibile a sostenere i costi dei contratti di docenza». Un sostegno economico che si è rivelato, però, insufficiente per coprire tutte le spese che la realizzazione di un intero corso ad hoc, parallelo a quello già esistente e aperto a tutti, comporterebbe. Il verdetto, del tutto autonomo, proviene dal Dipartimento di Filosofia, perché, come ha spiegato il rettore Giovanni Molari: «Le scelte didattiche, compresa l’attivazione di un curriculum dedicato, sono materia di competenza dei Dipartimenti».
Quali gli sviluppi futuri? La ministra Bernini ieri sembrava aver messo il punto alla polemica confermando che il corso si farà, data la disponibilità di vari rettori italiani, e che i rapporti con Molari e l’Università di Bologna restano ottimi. Ma ci sono ancora dei punti da chiarire. E la polemica potrebbe metterci ancora qualche giorno prima di passare.