La guerriglia in città

scontri

Lanci di fumogeni e petardi contro la polizia che presidiava la zona rossa (foto di Alberto Biondi)

 

«Offensivo darmi dell’antisemita. La sua gestione dell’ordine pubblico è stata disastrosa». Matteo Lepore, sindaco di Bologna, replica piccato alle accuse del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, arrivate dopo i disordini di venerdì per la partita tra Virtus Bologna e Maccabi Tel Aviv. Il riferimento è alle ultime dichiarazioni del ministro, che aveva insinuato la possibilità che dietro le pressioni per non far giocare la partita ci fossero dei condizionamenti ideologici contro Israele. «L’unico problema del Comune sembrava essere non far giocare la squadra israeliana», aveva detto Piantedosi. Subito Lepore ha replicato: «Per me la partita si doveva giocare, ma non in centro in un palazzetto inadatto a un simile contesto». Per il sindaco di Bologna, la critica al Viminale riguarda «la gestione dell’ordine pubblico», e per questo motivo chiede «che il ministro non usi parole irrispettose nei miei confronti e nei confronti dei cittadini di Bologna». Dopo le dichiarazioni di Piantedosi, che ha proposto che a pagare i danni siano i manifestanti identificati, il sindaco ha chiesto spiegazioni: «Come mai solitamente paga sempre il Comune e mai il Viminale o gli identificati? Il ministro risponda a questo prima di darci lezioni»A supporto di Lepore è intervenuto anche il presidente della Regione, Michele de Pascale, che ha definito le accuse di antisemitismo di Piantedosi al sindaco di Bologna «veramente gravi». A fiancheggiare il ministro degli Interni nel dibattito, invece, il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che si è scagliato contro Lepore e lo ha definito «una persona indegna» chiedendone le dimissioni. «Anche io penso che abbia mostrato un atteggiamento antisemita – ha detto l’azzurro – ha alimentato la violenza».

È l’ultimo atto di un braccio di ferro che va avanti ormai da settimane tra la politica romana e il primo cittadino di Bologna e che sembra tutt'altro che chiuso. Già il 5 novembre il Comitato ordine pubblico, di cui fanno parte Questore, Prefetto, assessore alla sicurezza del Comune di Bologna, comandanti di Carabinieri e Finanza e rappresentati di Virtus e Fortitudo, si era espresso all'unanimità sulla non idoneità del PalaDozza per ospitare l’incontro tra Virtus e Maccabi il 21 novembre, vista la posizione “critica” del palazzetto, nel cuore della città, in una zona oltretutto interessata dai cantieri del tram. Il verbale del Comitato, pubblicato oggi da Repubblica, evidenzia che già allora erano emerse perplessità, condivise da tutte, sui rischi per l’ordine pubblico.

Dal Viminale, però, arriva la decisione di giocare comunque la partita, nella stessa sede e nello stesso giorno stabiliti. Lepore avverte dei rischi per la sicurezza e l’ordine pubblico: si attendono in città fra i cinque e i diecimila manifestanti, anche da fuori Bologna, per chiedere di impedire la partita con una squadra israeliana. E l’aria è già particolarmente tesa, lo scontro è più che prevedibile. Inoltre, Piantedosi propone di addebitare parte dei costi di gestione dell’ordine pubblico al Comune. Lepore insiste e chiede di rimandare la partita per farla giocare in Fiera o all’Unipol Arena, zone molto meno sensibili e più gestibili di un centro della città pieno di cantieri.

Dopo la riunione di un nuovo Comitato ordine pubblico il 19 novembre, arriva la decisione del ministro. La partita si gioca, «non cediamo ai violenti». Lepore è duro: «Piantedosi ha scelto di usare i muscoli». Il Comitato predispone quindi una zona rossa attorno al PalaDozza e il Viminale manda in città 500 agenti in vista della partita.

Il 21 novembre, come previsto, un corteo sfila da piazza Maggiore fino alla zona rossa, fronteggiando la polizia. Lanci di petardi, bombe carta e fumogeni contro le forze dell’ordine. Idranti e lacrimogeni contro la polizia. La città a soqquadro, i cantieri e le strade danneggiate. E un conto, quello delle spese di almeno centomila euro, che rimbalza tra Lepore e Piantedosi. Con il sindaco che promette di inviare il conto a Roma e il ministro che replica che a pagare deve essere chi ha danneggiato la città. Lo scontro sulle responsabilità dei disordini è ben lontano dalla parola fine.