Biografia
La statua di papa Gregorio XIII sopra l'ingresso di Palazzo d'Accursio in Piazza Maggiore (Foto Creative Commons)
Nel 1582 il mondo cattolico andò a dormire la notte del 4 ottobre e si risvegliò la mattina del 15. A far sparire quei 10 giorni era stato Ugo Boncompagni, divenuto pontefice una decina di anni prima con il nome di Gregorio XIII. In vigore fino a quella data c’era stato il calendario istituito da Giulio Cesare nel 45 avanti Cristo, detto "calendario giuliano". C’era però un problema in questo metodo di misurare il tempo che spinse papa Gregorio a radunare i migliori matematici, astronomi, scienziati ed esperti di dottrina cattolica in Vaticano per elaborarne uno nuovo: rimaneva indietro. Il calendario giuliano infatti aveva calcolato che l’anno solare durasse 365 giorni e 6 ore, quando in realtà la sua durata è 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 4 secondi. Ogni anno dunque il calcolo del tempo rimaneva indietro di circa 11 minuti rispetto alla rotazione della Terra intorno al Sole.
Nei 1.600 anni di adozione, il divario era arrivato a essere di quasi 13 giorni. Questo causava non pochi problemi alla Chiesa cattolica, soprattutto nella definizione di quale dovesse essere la domenica di Pasqua; il Concilio di Nicea aveva infatti stabilito che la Pasqua andasse celebrata la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, l’equinozio, ma questo cadeva intorno al 10 marzo anziché il 21. Gregorio XIII prese in mano la situazione. Il lavoro degli scienziati in Vaticano portò all’elaborazione del nuovo calendario, gregoriano, che venne poi inviato attraverso i nunzi apostolici alle corti e alle università europee, per ricevere il parere anche dei dotti fuori da Roma. Fatte alcune correzioni, il 24 febbraio 1582 il papa emanò la bolla Inter gravissimas, in cui ordinava a tutti gli stati cattolici di adottare il nuovo sistema di misurazione e stabiliva che alla giornata di giovedì 4 ottobre sarebbe succeduta quella di venerdì 15 ottobre, per recuperare il ritardo giuliano.
Con quella lettera fece sparire dieci giorni dalla storia del nostro pianeta, lasciando ai giudici locali il compito di dirimere tutte le questioni che sarebbero sorte sul pagamento degli affitti e scadenze varie che sarebbero state influenzate dall’accorciamento dell’anno. In un paio d’anni mezza Europa seguiva il nuovo calendario. Gli stati luterani e calvinisti si allinearono nel 1700, quelli anglicani nel 1752, il Giappone nel 1873, la Cina nel 1912, la Turchia nel 1924, la Russia definitivamente nel 1940 dopo una parentesi di calendario rivoluzionario sovietico, gli stati ortodossi non lo fecero mai.
Benché questo sia sicuramente il lascito più celebre di papa Gregorio XIII, non fu l’unico evento notevole nella vita di un uomo che non era mai stato destinato alla carriera ecclesiastica. Figlio cadetto della ricca famiglia Boncompagni, si era laureato nel 1530 a Bologna in diritto civile ed ecclesiastico. Prese i voti solo nel 1539, a 38 anni, dopo una breve carriera da docente in cui insegnò tra gli altri anche ad Alessandro Farnese, il futuro Paolo III. Fu proprio quest’ultimo a inviarlo nel 1546 al Concilio di Trento in quanto esperto di diritto. Divenne vescovo, poi cardinale e nel 1572, alla morte di Pio V, fu da subito tra i più papabili anche grazie al sostegno del re di Spagna Filippo II, che conosceva personalmente. Divenne pontefice non senza qualche polemica; nel 1548 aveva avuto segretamente un figlio da Maddalena Fulchini, una donna del personale di palazzo Boncompagni, per evitare che l’eredità di famiglia andasse perduta alla sua morte. La storia era nota ad alcuni negli ambienti del Conclave, ma non a tutti. Un cardinale, quando Boncompagni era già Gregorio, gli disse che se avesse saputo di questo figlio illegittimo non lo avrebbe votato. La risposta del papa fu breve e spiazzante: «Ma lo Spirito Santo lo sapeva perfettamente…».
Gregorio aveva un obiettivo nel suo papato: mettere un punto all’espansione del protestantesimo. Riformò i collegi ecclesiastici con l’aiuto dei gesuiti, avviò campagne di conversione degli ebrei, confermò l’indice dei libri proibiti e applicò un ferreo controllo sulle stamperie, assediò politicamente l’Inghilterra anglicana di Elisabetta I per riportarla al cattolicesimo. Potenziò inoltre le missioni in tutto il mondo per convertire i popoli non cristiani, ricevendo, primo in Europa, un’ambasceria di principi giapponesi cattolici che giunsero a Roma dopo tre anni e mezzo di viaggio nella primavera del 1585. A Gregorio XIII si deve anche l’inizio dei lavori a Villa Carafa per renderla quello che oggi è il Quirinale, la costruzione di diverse nuove strade nell’Urbe e la fondazione del Monte del matrimonio, istituto ancora oggi esistente nato per fare credito ai giovani fornendo doti nuziali, denaro per condurre studi o avviare lavori, a patto di rispettare alcuni criteri.
Ugo Boncompagni non dimenticò però mai la sua città natia. Il filosofo francese Michel de Montaigne raccontò di aver ricevuto da lui una benedizione interamente recitata in dialetto bolognese. Inoltre alla sala banchetti che fece affrescare in Vaticano, papa Gregorio diede il nome di sala Bologna.

Quadro di un anonimo con papa Gregorio XIII che riceve gli ambasciatori giapponesi (foto tratta dal sito della Pontificia università gregoriana)