il concerto

Simone Cristicchi

Le foto sono state concesse dall'Ufficio stampa dell'artista

 

Un palcoscenico che ricorda quelli allestiti da Franco Battiato, un grande tappeto al centro della scena, una band di ritmica affiatata e lo Gnu Quartet che con gli archi e il flauto traverso arricchiscono gli arrangiamenti rock, funk e country dei brani del cantautore romano. Simone Cristicchi, ieri sera al teatro Duse di Bologna, ha unito la musica e le parole in uno spettacolo che solo all’apparenza è improvvisato. Sembra un happening ma è tutto ben studiato e calibrato. Un flusso di coscienza che esplode nell’omaggio acustico alla musica romana, ai suoi stornelli, ma anche ai colleghi cantanti che proprio Cristicchi aveva preso di mira all’inizio della sua carriera. “Vorrei cantare come Biagio”, l’irriverente filastrocca che tratteggia i contorni da grande star dell’Antonacci della canzone. E poi l’ambiente, la guerra, il popolo palestinese, l’importanza degli alberi, l’affetto, la vecchiaia, la gioventù, la morte, la malattia mentale. Un grande calderone di emozioni e di parole recitate in un gioco di luci in penombra. Una grande sedia che in “Ti regalerò una rosa” (brano con cui ha vinto il Festival di Sanremo nel 2007) diventa una rampa di lancio per spiccare il volo, liberarsi dai tormenti del dolore e dalla prigionia dei sentimenti repressi e con cui spesso non si vogliono fare i conti. Messaggi che arrivano diretti a un pubblico che apprezza e che applaude calorosamente. Messaggi che diventano politica, anche a costo di sfiorare qualche volta i luoghi comuni di ciò che è irrimediabilmente giusto e altrettanto irrimediabilmente sbagliato. L’invito a perseguire una felicità che sia degna di chiamarsi tale e ancora la musica, con “Studentessa universitaria”, brano del 2005, in cui sempre più spesso si riconoscono i giovani che “nella tristezza e nella solitudine” trascorrono le loro giornate nell’attesa di un posto di lavoro, di un amore, di un affetto che superi le difficoltà. E poi arriva un figlio e tutto diventa più difficile.

Ancora applausi che lasciano il posto al silenzio commosso durante l’esecuzione di “Quando sarai piccola”, ultimo brano presentato a Sanremo nel 2025. Una lettera d’amore alla madre e alla fragilità dell’età che avanza, un ritorno paradossale ai tempi dell’infanzia e alla necessità di essere presi per mano, nell’indispensabilità di una spalla cui appoggiarsi e sentirsi al sicuro. Come a rendere indietro tutto ciò che si è ricevuto nel corso della vita. Cristicchi ricorda la sua infanzia, la passione per i giri in autobus la notte, il valzer di due anziani in una casa di riposo, “in pantofole e vestaglia”, che è rimasto indelebile nella mente e nella sua anima d'artista. Racconti di realtà e aspirazioni di fantasia si confondono, la natura e le piante prendono sembianze umane, di vita pulsante a cui chiedere più spesso perdono. “Ci regalano frutti, ci regalano ossigeno e non chiedono niente in cambio”. E in chiusura il ricordo di una vecchia Zia, che per metterlo in guardia dai rischi di illusione della vita, lo abbracciava e gli sussurrava: “Simone, se la montagna viene da te, e tu non sei Maometto, scappa. Scappa via più veloce che puoi, perché è una frana”. Applausi.