Israele-Iran

Missili iraniani su Tel Aviv (foto Ansa)
Lei (omettiamo il nome a sua tutela) è di Tel Aviv ma è scappato a Gerusalemme. Come mai?
«Il mio appartamento si trova in un palazzo degli anni ’30, non è rinforzato. Sono cadute quattro bombe a meno di un chilometro da casa mia e ho avuto paura».
E a Gerusalemme qual è la situazione?
«Al momento è tutto calmo. Qui non è arrivato nessun missile e dormiamo meglio la notte».
Parla molto bene l’italiano. Quanto ha vissuto a Bologna?
«Sono venuto in Italia per studiare medicina e la città mi è piaciuta molto, forse troppo. Sono andato fuori corso di sette anni».
Vorrebbe tornare in Italia? O vuole rimanere in Israele?
«Io sono un medico. Mi sono formato in Italia, lì ho anche l’abilitazione, ma la mia casa è a Tel Aviv. Qui ho mia moglie, i miei parenti, i miei amici. Adesso sto preparando degli esami di Stato per avere l’abilitazione anche qui. E poi questo è un punto del pianeta abbastanza interessante, non ci si annoia mai».
Cosa ne pensa del governo Netanyahu e della decisione di aprire un altro fronte con l’Iran? Qual è la percezione delle persone che conosce?
«Posso parlare dei miei amici, che la pensano più o meno come me. La decisione di Netanyahu ha a che fare con la sua situazione politica, che era in crisi già prima dell’inizio della guerra. C’è un processo penale a suo carico per le denunce per corruzione. Si sta svolgendo da cinque anni e adesso sta arrivando a una conclusione. È stato comodo per lui cominciare una guerra proprio adesso che doveva iniziare a rispondere alle domande della procura. Nessuno pensa che agisca per motivazioni o valutazioni oggettive. Per questo ha scelto di attaccare l’Iran, per restare al suo posto».
E su Gaza?
«Non è una guerra. È pulizia etnica»
Ha percepito un sentimento d’odio nei confronti degli iraniani? O la rabbia è più rivolta verso Netanyahu?
«Anche gli iraniani sono in una posizione simile alla nostra. Il loro governo sta lanciando missili perché deve dimostrare il suo potere, esattamente come sta facendo Netanyahu. La mia unica speranza è che questa guerra faccia crollare sia il nostro governo che quello di Khamenei».
Cosa ne pensa invece della posizione dell’Europa e degli Stati Uniti? Trump appoggia apertamente Netanyahu e minaccia di entrare in guerra al suo fianco.
«Uno dei punti critici per Netanyahu è stato non avere il sostegno iniziale di Trump. La percezione in Israele è stata quella di star azzardando senza avere le spalle coperte dagli Usa. Trump adesso ha visto che la guerra sta andando bene e vuole unirsi».
In un primo momento l’Iran ha risposto con forza, adesso invece gli attacchi missilistici sembrano essersi indeboliti. Vi sentite più al sicuro?
«No, decisamente no. La destra israeliana sta festeggiando questo presunto successo forte delle incursioni dell’aviazione nello spazio iraniano, ma è prematuro. Siamo ancora al quinto giorno di guerra, temo che arriveranno altre sorprese. E poi ogni missile arriva con quintali di esplosivo, sono indirizzati contro il centro di Tel Aviv e i danni si vedono».
Pensa che se Netanyahu non fosse al governo la situazione sarebbe diversa?
«Questo è il sesto governo Netanyahu. Per la prima volta tutti i partiti che fanno parte della coalizione sono di destra. Cinquanta sfumature di fascismo, quindi. Anche se non ci fosse Netanyahu, gli altri partiti della coalizione sono ancora più a destra».
E se si andasse alle elezioni?
«In quel caso i partiti che adesso sono al governo probabilmente non sarebbero più lì. Ed è uno dei motivi per cui Netanyahu ha scelto di dare inizio a un’altra guerra. Finché c’è la guerra non ci saranno elezioni. E se la guerra la dovesse vincere lui, allora alle prossime elezioni potrebbe rimanere al potere».
Il governo israeliano sta attuando restrizioni contro i giornalisti e ha impedito ai cittadini di filmare l’impatto dei missili iraniani. Conferma?
«È vero. Ma in questo caso è per motivi di intelligence militare. C’è una logica che in questo caso specifico posso giustificare. Sono altre le modalità con cui viene limitata la libertà d’espressione».
Per esempio?
«È un governo fascista. Ancora non sta andando casa per casa per arrestare i dissidenti. Ma l’altro ieri abbiamo fatto la prima manifestazione contro la guerra e mia moglie è stata arrestata e trattenuta per otto ore. I diritti non sono veramente garantiti».