INNOVAZIONE

  Massimo Luise intervistato da InCronac@ (foto Alberto Biondi)

 

In Emilia, a Ferrara, c’è un’azienda a difesa dei beni culturali e degli archivi, Makros. A fondarla è stato Massimo Luise, perito esperto di sistemi di archiviazione. I “sistemi intelligenti” da lui brevettati proteggono il patrimonio culturale - libri, pergamene, opere d’arte, suppellettili, tutto ciò che ha a che fare con la memoria - da fuoco, acqua, muffe, terremoti. Si va dai recenti tredici chilometri dell'Archivio Centrale di Stato a Roma a poli universitari e bibliotecari in Asia. Grande appassionato di beni culturali e persona dai poliedrici interessi, soprattutto scientifici, Luise ha sempre subito il fascino della cultura. Da qui l’idea di proteggerne e conservarne i ‘prodotti’, nella convinzione che “la carta” e ogni opera d’ingegno sia preziosa anche e soprattutto oggi, nell’era digitale. È lui che ci ha raccontato come il suo progetto evolve continuamente. Lo ha fatto tra ricordi delle difficoltà iniziali e aspettative sul futuro. 

 

Ci racconta com’è nata l’idea di Makros, la sua azienda?

«L'idea viene da lontano, dal 2000 circa. Io mi occupavo già da tanti anni di sistemi di archiviazione per i musei, gli archivi, e vedevo che gli strumenti di protezione dal fuoco erano vulnerabili. I sistemi adottati garantivano lo spegnimento delle fiamme, ma non la protezione del contenuto. Allora mi sono messo a pensare a cosa potesse proteggere realmente il materiale, il patrimonio culturale o archivistico. Mi sono messo a studiare: io ho una base multidisciplinare e ho pensato a cosa poteva essere efficace. Ho brevettato Blockfire, il primo sistema archivistico contro il fuoco. Un’impresa di Torino ha creduto nella mia idea e abbiamo costruito il primo prototipo, che abbiamo poi portato a ‘bruciare’ in un apposito istituto».

 

Qual era?

«Diciamo una specie di “armadio” - ma il termine tecnico è un “Sistema archivistico intelligente” - che abbiamo sottoposto a una temperatura di mille gradi per due ore. Abbiamo visto che funzionava. Da lì, pur con la diffidenza generale per questo nuovo sistema, sono partito da solo. Ho avuto la fortuna di avere accanto professionisti che ancor oggi lavorano con me. Nel frattempo i Vigili del Fuoco accertarono il funzionamento del sistema. A Forlì, all’Agenzia delle Entrate, è stata fatta la prima installazione. Poi è arrivato il Politecnico di Milano e non ci siamo più fermati».

 

Vuole spiegarci meglio il brevetto Blockfire, che è quello appunto per la protezione da fuoco?

«L’idea iniziale era proprio quella di salvaguardare carta e opere dal pericolo incendi. Tanto per darvi un'idea, i nostri sistemi sono come una cassaforte che protegge dal fuoco. Con il comitato scientifico, di cui Makros si avvale, abbiamo studiato materiali, vernici, tutto.  Sono “custodie” di notevoli dimensioni che possono essere alte sei metri, lunghe decine di chilometri. Sono compattabili, quindi non ci sono limiti di lunghezza».

 

Che risultato si ottiene?

«Quando questi particolari armadi si chiudono, sono coibentati e protetti da una fibra che resiste a mille gradi di temperatura: si crea così un guscio protettivo. Persino dopo diverso tempo di esposizione al fuoco, la carta rimane intatta. Un risultato eccezionale in caso di incendio. Ma per fortuna sono eventi accidentali che non capitano spesso».

 

Per quali altri eventi si garantisce protezione?

«Ci siamo preoccupati della conservazione quotidiana dei documenti e libri, perché si possono creare problemi di muffe e mal conservazione a causa delle polveri e del deterioramento ambientale. Anche per ovviare a questo problema abbiamo inventato un sistema, di cui deteniamo il brevetto, che ci permette di seguire le curve di degrado dei materiali. Grazie al nostro comitato scientifico, formato da biologi, matematici, esperti in sensoristica, siamo andati ad analizzare quale fosse la curva di degrado per ciascun materiale, a seconda dei fattori dannosi, tipo l’umidità e le temperature elevate. Abbiamo coniugato questi dati con il nostro softwar ACS, che controlla, attraverso dei sensori, lo stato di degrado e segnala con un alert quando è necessario l’intervento. Questo sistema ci permette di intervenire prima che il materiale sia danneggiato, nella fase di incubazione del danno. Vale per la protezione e conservazione di tutti i materiali».

 

Il vostro è un sistema che supporta anche in caso di alluvioni o terremoti?

«Certo. Il fuoco è causa di degrado, ma mai quanto l’acqua, e lo abbiamo visto con le recenti alluvioni in Emilia Romagna. I materiali rovinati ma salvaguardabili vengono congelati abbastanza velocemente per poi portarli subito a secco. Un’altra, si disperde. Per la difesa dall’acqua, i nostri sistemi archivistici intelligenti sono dotati di un’ulteriore barriera esterna, che li rende a tenuta stagna. Possiamo programmare il sistema affinché diventi impermeabile quando occorre. È dal 2018 che ci stiamo lavorando. Per quanto riguarda il rischio sismico, per esempio a Modena, abbiamo progettato un archivio che protegge e rimane saldo anche in caso di terremoto. Si utilizzano dei sensori che permettono ai nostri sistemi archivistici di chiudersi quando avvertono la scossa».

 

Sono operazioni costose?

«Tutelare un metro di materiale costa anche mille euro. Per ristrutturare una pagina di un documento antico servono anche 800 euro. Ma per noi è importante farlo per il valore culturale del materiale che si perderebbe. Questo va oltre ogni spesa».

 

La sede dell’azienda è situata nell'incubatore Sipro. Ci spiega meglio che cos'è un incubatore? Quanto personale ci lavora?

«È un ente che fa capo al Comune di Ferrara ed è gestito da SIPRO - Agenzia per lo sviluppo di Ferrara. Accoglie e supporta, con costi calmierati e servizi, start up che diventano imprese innovative e riescono a inserirsi nel mercato internazionale. È l’obiettivo. Si trovano in un punto strategico, accanto alla Facoltà di Fisica, Ingegneria e Tecnopolo. Oggi il mio staff è composto di dieci dipendenti. E un network di consulenti e collaboratori. Il comitato tecnico scientifico invece è costituito da una dozzina di esperti. Abbiamo inoltre aziende satelliti che si occupano della parte metallica. La nostra fibra protettiva, per esempio, viene prodotta da un’azienda fra l'Italia e il Belgio. Ma non è sempre stato così».

 

Ci spiega meglio?

«Ho voluto creare un’azienda snella. All’inizio ero solo, lavoravo circa venti ore al giorno. Poi ho iniziato a farmi affiancare da collaboratori, due, tre, quattro. E ho ampliato la rosa selezionando attentamente il personale. Questo mi permette di investire tantissimo in ricerca e sviluppo».

 

Quanto?

«Il 70% degli utili. Il nostro fatturato è aumentato esponenzialmente negli anni. Quando all’inizio era una ditta individuale, il record è stato 720 mila euro. Nel 2018, quando è diventata una S.r.l, siamo partiti con un fatturato di circa un milione di euro. Poi abbiamo più o meno sempre progressivamente aumentato. Nel 2024 siamo arrivati abbiamo superato i 4 milioni di euro. Confidiamo di continuare a crescere».

 

Ci sono nuove collaborazioni all’orizzonte?

«Firmeremo l'11 giugno l'accordo con il nostro partner in Francia, dove c'è un sistema museale molto importante. E poi stiamo pensando di collaborare con enti in Cina, negli Stati Uniti, dove abbiamo contatto già con vari stati. Anche in Turchia, dove Makros ha già fatto importanti  installazioni».

 

A Bologna c'è qualche progetto in atto?

«Abbiamo realizzato opere per la Procura, la Corte d’appello, curato un progetto al campus di Cesena, uno per l’archivio storico regionale a San Giorgio di Piano. In cantiere ci sono altri progetti».

 

I vostri progetti riguardano la tutela di libri, ma non solo

«Makros vorrebbe occuparsi anche del patrimonio fotografico. I negativi delle foto, ad esempio, sono un bene molto difficile da conservare, perché sono soggetti all’autocombustione. Facendo delle ricerche, abbiamo capito che il fattore di maggior degrado è l’acido acetico. Abbiamo dunque contribuito a uno studio del CNR di Firenze già avviato precedentemente all’estero attraverso dei gel in grado di assorbire quest’acido. Anche in questo caso ci sono dei sensori che ci avvertono dell’indice di degrado dei negativi. Siamo in contatto con gli Archivi Alinari di Firenze, che custodiscono migliaia di fotografie».

 

L’intelligenza artificiale è ormai presente in quasi ogni aspetto delle nostre vite. In che modo potrebbe integrarsi al vostro lavoro?

«Può darci indicazioni su come migliorare i nostri sistemi. Credo che il successo sia fatto di connessione. Ci può indicare il panorama in cui inserire una soluzione. È un grande suggeritore da cui prendere spunto. Per esempio, ci può suggerire delle curve di degrado che noi magari non avevamo tenuto in considerazione».

 

La sua azienda sostiene anche eventi scientifici e culturali. Per esempio, il festival di Caterina Sforza a Forlì?

«La cultura è molto importante perché adesso nel mondo digitale noi dobbiamo pensare ancora al valore dell'originale: toccare un manoscritto, toccare anche una semplice mappa, ci dà una sensazione diversa. Noi siamo convinti che per divulgare la cultura debbano esserci degli eventi che possono convogliarla verso le persone. Il Festival di Caterina Sforza è un esempio. È il terzo anno che lo sosteniamo e nell’edizione 2025, dall’11 al 13 giugno, lo faremo in modo nuovo, grazie al lavoro di un filmaker. Stiamo creando un documentario nel quale abbiamo raccolto immagini significative dell'alluvione di Forlì, sui danni alle case, sull’opera dei volontari, e su tutte le opere di restauro dei libri e dei documenti. È il nostro modo di essere vicini positivamente alla cittadinanza».

 

Partecipate ad altri eventi culturali? E quanto crede che la cultura possa fare da traino per la crescita di noi giovani?

«Di recente siamo stati a “Super Architettura” a Monza, dove alcuni giovani architetti hanno presentato il loro progetto. Poi un evento alla biblioteca nazionale Marciana a Venezia e all’inaugurazione della palazzina Marfisa d’Este a Ferrara. Siamo attenti anche al basket ferrarese. Con lo storico commentatore Stefano Michelini vogliamo lanciare un progetto che possa aiutare i giovani a un uso più corretto del cellulare, ad esempio, perché insieme ad altri mezzi allontana i ragazzi dallo sport e dalla cultura. Invece serve sempre più fare da traino per aiutare le nuove leve a crescere».

 

L’Italia è un Paese ricco di beni culturali, ma di patrimonio librario se ne parla poco. A lei sembra che da parte delle istituzioni ci sia abbastanza attenzione nei confronti di archivi e biblioteche antiche?

«Credo che ci sia attenzione soprattutto per gli archivi di Stato, che sono i “contenitori” più grandi del nostro patrimonio. Ce n’è molto anche nelle università, e credo che queste siano molto attente nella conservazione dei loro beni».

 

Un'ultima domanda: con tutti questi progetti e impegni quanto spazio resta per vita privata? E se ci vuole raccontare qualcosa di lei come papà Massimo?

«Bella domanda! Io sono molto grato della mia famiglia, ho due figli, Ilaria e Mattia. Tutti e due abitano in Svizzera. Mia figlia è stata, e lo dico con orgoglio di papà, la testimonial del Cern di Ginevra per i suoi 70 anni. Lei è una fisica nucleare. Ci sentiamo spesso e mi motiva sempre ricordandomi che il fallimento di un esperimento è il gradino che ti permette di andare sopra, di migliorarsi e scalare quello dopo. Mio figlio ha 14 anni, è molto intelligente, mi insegna tanto anche lui. Costruisce droni da solo. Quando vengono a trovarmi mi danno il loro parere in azienda. Per quanto riguarda le mie passioni, amo andare a correre sulle mura di Ferrara. Ogni sabato faccio una bella corsa di dieci chilometri, è una cosa che mi rilassa e mi ricarica».

 

                                                                  Uno degli esempi di patrimonio librario protetto da Makros (foto concessa dall'ufficio stampa)

 

 

 

 

                                                                                   Massimo Luise, fondatore di Makros (foto concessa dall'ufficio stampa)