Musica

Nicoletta Mantovani

«Il grande desiderio di Luciano era di avvicinare il più possibile i giovani alla musica, senza fare distinzioni tra opera lirica e pop», ricorda Nicoletta Mantovani, intervistata da InCronac@ in occasione della presentazione dell’orchestra della Fondazione Pavarotti, che debutterà in piazza Maggiore l’8 giugno.

I racconti della moglie, ideatrice e promotrice del progetto, vanno ben oltre la promozione dell’evento bolognese, e si inseriscono nei ricordi della vita, della carriera e degli aspetti più privati del grande tenore modenese. «Ero una giovane ragazza appassionata di baseball e di Vasco Rossi. Un mondo lontanissimo rispetto a quello di Luciano. Eppure il destino ha voluto che ci incontrassimo». Nello speciale uscito oggi sul Quindici, Nicoletta ripercorre i momenti iniziali del rapporto umano e professionale con l’uomo che diventerà suo marito e padre di sua figlia Alice. L’organizzazione minuziosa del Pavarotti&Friends, l’amicizia con Bono, con Michael Jackson e con Nelson Mandela, i rimproveri affettuosi di Luciano. «Vola basso anatra era il suo modo per dirmi di rimanere con i piedi per terra. Un giorno mi disse: “Nicoletta, io non sopporto chi parla, chi critica e poi non agisce. Decidi tu. O parli e fai, o taci”. Decisi di fare».

Una donna, Nicoletta, che lo seguì ovunque. Nei teatri dell’opera più prestigiosi del mondo, al cospetto di capi di stato e di famiglie reali, in Africa e in Asia per le opere di beneficenza, ai Kennedy Awards. «L’annuncio di questo incredibile riconoscimento, conferito dal presidente degli Stati Uniti, arrivò a sorpresa la sera della premiazione. Salirono sul palco Stevie Wonder e Quincy Jones e fecero il nome di Luciano. Lui svenne per l’emozione e il giorno dopo Michael Jackson lo chiamo per assicurarsi che si fosse ripreso».

Luciano Pavarotti e Nicoletta Mantovani (foto Fondazione Pavarotti)

È un flusso continuo di memorie, di cimeli che riempiono le pareti dell’ufficio della Fondazione. Le foto, i premi, gli omaggi e gli immancabili dischi che custodiscono la voce del tenore. «Michael Jackson doveva essere ospite del Pavarotti&Friends nel 1999. Con Luciano aveva inciso un demo di un bellissimo brano rimasto inedito, “La mia canzone al vento” , che custodisco gelosamente». Come custodisce gelosamente i ricordi più intimi di una vita familiare all’insegna della semplicità e della condivisione, nella casa di Modena (oggi un museo) sempre affollata di amici «perché Luciano amava circondarsi di persone care, persone che esaltava sempre. Non faceva mai sentire nessuno sminuito o inferiore, anzi sottolineava le caratteristiche positive di chi aveva di fronte. “Non vedere sempre i lati negativi delle cose”, mi diceva. “Vedi il bello e ricordati che chiunque, se vuole, può fare qualsiasi cosa”». L’impegno e la vicinanza umana che hanno consentito di superare quei pregiudizi che relegavano la musica “colta” agli angoli polverosi e noiosi di una stanza un po’ vecchia, i duetti rap con Jovanotti, il “Nessun Dorma” con Michael Bolton, “Il Cielo” con Renato Zero e con il coro dell’Antoniano, la difficolta e le prove lunghissime per adattare la voce alla metrica e ai tempi della musica “leggera”. «Per me, questa nuova orchestra è un modo per continuare a sostenere i giovani che vogliono diventare musicisti professionisti, una palestra in cui suonare e cantare, con quelle contaminazioni che Luciano amava tanto». Una carriera, quella di Pavarotti, iniziata nel 1961, dopo una breve esperienza come assicuratore. Il primo concorso con il “Nessun Dorma”. Un cerchio che si chiuderà nel 2006, alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Torino, in quello stadio gremito di persone e trasformato in un teatro dell’opera. La romanza di Puccini che risuona tra i volti muti del pubblico, incantati dalle note e dal senso di apertura e libertà del “Vincerò” finale. Sarà la sua ultima esibizione. «Se entrasse adesso da quella porta, lo abbraccerei e gli chiederei di farmi uno dei suoi sorrisi. “Nicoletta basta”, mi direbbe, “hai parlato troppo”».