Lavoro sicuro

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (foto Ansa)

 

Il rapporto dell’Osservatorio Vega per la sicurezza sul lavoro ha evidenziato un aumento del 10% delle morti bianche nel primo trimestre del 2025 rispetto al primo del 2024. La sicurezza sul lavoro, problema mai realmente risolto, tornerà presto al centro del dibattito politico italiano. L’ 8 maggio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontrerà i sindacati per discutere di come usare un nuovo grosso investimento per affrontare la questione. Abbiamo chiesto opinioni in merito al direttore dell’Osservatorio Vega, Federico Maritan.

 

 

I 650 milioni promessi da Meloni per migliorare la sicurezza sul lavoro sono fondi che ritiene sufficienti per migliorare la situazione?

«L’investimento è sicuramente un passo positivo e atteso, ma da solo non può risolvere le criticità strutturali della sicurezza sul lavoro in Italia. Le principali cause degli infortuni gravi e mortali – come la carenza di formazione di qualità, l’assenza di controlli efficaci, la precarietà lavorativa e la mancanza di una vera cultura organizzativa della prevenzione – richiedono interventi integrati e continui, non misure una tantum. Bisognerà quindi capire con quali criteri questi fondi verranno distribuiti e se saranno vincolati a progetti realmente efficaci, soprattutto nelle piccole e medie imprese e nei settori più a rischio».

 

 

A proposito di formazione, fra le iniziative di cui si è parlato c'è anche investire in bandi per organizzare corsi per formare e sensibilizzare sulla sicurezza nei posti di lavoro e negli ultimi anni delle scuole superiori, sono idee che reputa valide e efficaci o servirebbe qualcosa di più pratico?

«È una proposta condivisibile: la cultura della sicurezza si costruisce appunto nel tempo e a partire dai contesti educativi. Tuttavia, troppe volte in Italia la formazione si è ridotta a un mero adempimento formale, spesso poco efficace sul piano pratico. Perché però la formazione e la sensibilizzazione siano realmente utili, devono essere coinvolgenti, adattate ai destinatari, il più possibile interattive, integrate con prove pratiche».

 

 

Altra parte dei soldi dovrebbe andare in maggiori assunzioni di personale per l'Ispettorato Nazionale del Lavoro in modo da intensificare i controlli, nel 2024 ne furono assunti 1.600 portando l'organico a circa 7.700. Quale sarebbe però un numero appropriato per garantire controlli diffusi e frequenti?

«Con circa 7.700 unità in servizio non si è ancora raggiunto un livello adeguato per garantire una copertura capillare e costante del territorio nazionale, soprattutto nei settori ad alto rischio come edilizia, agricoltura e logistica, e nelle piccole imprese dove avviene la maggior parte delle violazioni. Per un paese con quasi 24 milioni di lavoratori è sicuramente necessario integrare l’attuale organico. In ogni caso non basta solamente aumentare il numero ma è necessario rafforzare la formazione degli ispettori, l’adozione di strumenti digitali per le verifiche, la collaborazione tra Inl, Asl, Inps e Inail, affinché il controllo non sia solo repressivo ma anche preventivo».

 

 

La ministra del lavoro Calderone ha dichiarato che malgrado l’aumento delle morti bianche «l’incidenza percentuale degli infortuni accertati sta scendendo», poiché sono aumentati gli occupati. Come commentate?

«Sebbene la diminuzione dell'incidenza sia un segnale positivo, è importante considerare che sì, l’incremento del numero di lavoratori può diminuirla, ma il numero assoluto di incidenti rimane stabile o aumenta. Inoltre in alcuni settori o contesti lavorativi gli infortuni, soprattutto quelli meno gravi, potrebbero non essere denunciati, portando a una sottostima dell'effettiva incidenza. Infine alcuni settori possono registrare miglioramenti significativi, mentre altri possono peggiorare. Il calo dell’incidenza quindi non deve portare a un abbassamento della guardia».

 

 

Sulle denunce, nei primi tre mesi del 2025 le morti sul lavoro sono aumentate del 10%, ma le denunce d'infortunio diminuite dell'1,6%, c'è una spiegazione per questo calo? Denunciare è diventato più complesso?

«Non c’è una diretta correlazione tra la diminuzione delle denunce di infortunio e l’aumento delle morti sul lavoro. Potrebbe dipendere dal fatto che gli infortuni meno gravi vengano meno segnalati per ragioni culturali, organizzative o di pressione lavorativa, mentre quelli gravi o mortali – per loro natura – non possono sfuggire alla registrazione ufficiale. Questo squilibrio tra i dati distorce la percezione complessiva della sicurezza sul lavoro e rende più difficile un’azione preventiva efficace, basata su dati completi».

 

 

 Il direttore dell’Osservatorio Vega, Ing. Federico Maritan