danza e teatro

Nelle Grotte di Castellana (BA) lo spettacolo è doppio: non solo quello del percorso all’interno di questi cunicoli scavati dall’acqua nella roccia nel corso di milioni di anni; ma anche quello di “Hell in the cave”.

In questo senso “spettacolo” – è vero – è forse un concetto ormai cristallizzato, anzi usurato. Ma è anche la parola che, inevitabilmente, balza alla mente quando si entra in quegli ambienti, con le pupille che si allargano per catturare più dettagli possibili.

Stalattiti e stalagmiti si succedono l’una all’altra, si rincorrono, si toccano, generando figure e forme di ogni tipo e colore: colonne imponenti e altre spesse come un dito, grandi agglomerati che ricordano un cammello, vele traslucide. Un amalgama di viola, arancione, rosso, verde, marrone. La scoperta di queste grotte – vecchie oltre 90 milioni di anni – si deve alla squadra di ricerca di Franco Anelli che, nel 1938, si calò in quella che, all’epoca come oggi, era conosciuta come “la Grave”. Si tratta dell’ambiente più grande e ampio di tutto il complesso e l’unico che comunica con l’ambiente in superficie: all’epoca, infatti, la Grave era usata come discarica.

Il lavoro di Anelli e colleghi ha permesso di rendere agibile – e visitabile – circa un chilometro e mezzo di grotte: un frammento del lunghissimo percorso compiuto dall’acqua delle falde acquifere e delle piogge che, nel corso dei millenni, hanno lentamente sciolto il calcare di cui si compone la roccia.

Ma dicevamo: quello a Castellana è un doppio spettacolo. Nei mesi estivi, infatti, sotto la luce delle stelle, le grotte tornano alla vita. “Hell in the cave”, diretto da Enrico Romita e giunto ora alla sua tredicesima edizione, nasce con le grotte e per le grotte. Una rappresentazione teatrale che non potrebbe avere senso se fatta altrove. Un evento che unisce a doppio filo l’ambiente naturale e il mondo del teatro. Spettatrici e spettatori diventano Dante, per una sola sera. Nella penombra rossastra – stiamo scendendo nelle cavità infernali, dopotutto – si percorre un gradino alla volta, preparandosi a un incontro ultraterreno – in tutti i sensi. Grida, lamenti, voci confuse: sono i dannati che si contorcono, strillano, si maledicono, ci toccano, ci avvisano. Non c’è la quarta parete, qui: anche noi facciamo parte dello spettacolo.

Alla luce della luna che filtra dalla bocca posta a decine di metri sopra di noi e delle luci scenografiche – che evidenziano spigoli, ombre, generano suggestioni – la Grave è diventata il portale di accesso per un altro mondo. Tra anime tormentate, guizzi di luce e nuova oscurità, grida e tormenti, chi calpesta quella roccia si sente davvero trascinato in un’altra dimensione: un’esperienza che – per molti – è forse la prima.

“Hell in the cave” propone una sua lettura dell’inferno dantesco: una lettura che non è narrativa nel senso logico-cronologico del termine, ma che è certamente mitopoietica. Genera, in ciascuno di noi, una propria storia, una propria suggestione. E allora sì che diventa narrazione – tutta personale – e cattura lo sguardo, il respiro, la mente e il cuore. Tutto l’ambiente, a trecentosessanta gradi, diventa palcoscenico. Attrici e attori – abilissimi anche nelle contorsioni – si arrampicano, si aggrappano alle rocce. Una macabra processione – bellissima, magnifica – che davvero sembra lo specchio di ciò che Dante, secoli fa, vide nel mezzo del cammin della sua vita. E ancora, i dannati che tornano a muoversi tra di noi, a lamentarsi, a disperarsi per la loro misera condizione.

Caronte, Paolo e Francesca, Pier delle Vigne, Ulisse: i canti e i personaggi più noti si susseguono l’uno dietro l’altro, senza soluzione di continuità se non l’esigenza dello spettacolo, di ammaliare spettatrici e spettatori, trascinarli giù nei gironi infernali. Finché, splendida e lucente come un astro, Beatrice, salvifica e magnifica, si libra in aria. E la sua luce, come una bussola, ci riporta in superficie, lontani dalla dannazione eterna, a godere di quell’amore che move il sole e l’altre stelle.

 

 

Tutte le immagini sono concesse dall'ufficio stampa delle Grotte di Castellana.