intelligenza artificiale

Il primo regolamento al mondo che disciplina l’uso dell’intelligenza artificiale ha preso forma. Ieri il Parlamento europeo ha approvato l’AI Act, dopo l’intesa con Consiglio e Commissione Ue raggiunta lo scorso 9 dicembre.

Il regolamento, che non potrà entrare in vigore prima di due anni, pone paletti allo sviluppo e all’uso indiscriminato dell’intelligenza artificiale, che dovrà quindi rispettare numerosi obblighi imposti dall’Ue.

«Ci si addentra in una zona grigia – avvisa Caterina Del Federico, docente a contratto UniBo specializzata nella materia –. Questo atto ha certamente il pregio di andare a definire alcuni capisaldi importanti, andando a creare un dialogo anche con la direttiva sul copyright (Eucd) del 2019 e il regolamento sulla privacy (Gdpr) del 2016. Tuttavia – prosegue – le clausole sulla trasparenza rischiano di essere piuttosto elastiche».

Il riferimento, qui, è ai dati utilizzati per sviluppare e addestrare i modelli IA. Si parla, in questo caso, di text and data mining (Tdm), che già l’Eucd del 2019 regola sulla base del diritto d’autore. L’articolo 4 della direttiva, però, esplicita un’eccezione al divieto di Tdm: è possibile riprodurre ed estrarre opere o altro materiale contenuto in database a cui è consentito legittimamente l’accesso ai fini dell’estrazione di testo e dati. Rimane possibile esercitare il diritto di opt-out, cioè “a tirarsene fuori”.

Già prima del testo approvato ieri circolavano diverse bozze dell’AI Act, che avevano sollevato alcuni dubbi tra gli esperti del settore: Lexology ammette una sostanziale mancanza di chiarezza nel legame tra AI Act e articolo 4 della direttiva copyright. Occorre capire, cioè, come si applicherebbe il divieto di Tdm quando si parla di intelligenza artificiale: riguarderebbe solo le estrazioni significative o sistematiche, o qualunque tipo di attività? E il diritto d’autore potrebbe essere invocato solo in caso di riproduzioni particolarmente rilevanti?

«L’AI Act obbligherà gli sviluppatori a mettere a disposizione una sintesi dettagliata dei contenuti utilizzati, ma il grosso problema è che non viene detto come – riprende Del Federico –. È previsto, in realtà, un AI Office apposito, che a livello europeo si occuperà di vigilare proprio su questo. Tuttavia anche i richiami al Gdpr appaiono piuttosto vaghi, specialmente per quanto riguarda la trasparenza delle fonti».

Bisogna innanzitutto capire quali sono i contenuti e i dati utilizzati per l’addestramento di sistemi generativi di IA – un grosso problema sollevato più volte, che riguarda anche grandi giornali come il New York Times – e anche quale diritto si rischia di violare. L’esempio che Caterina Del Federico propone è molto semplice: se come immagine di partenza, per esempio, si utilizza la foto di un paesaggio, si rischia di ledere il diritto d’autore del fotografo che l’ha scattata; ma se l’immagine riprende persone, il pericolo riguarda invece il diritto d’immagine.

Un grosso problema, infatti, è che l’AI Act prende avvio nel 2021, quando l’IA generativa ancora non era così diffusa: il boom di ChatGpt sarebbe arrivato solo a novembre 2022. La normativa, quindi, non può che risentire dei lunghi tempi della legge, anche se i vari emendamenti presentati hanno tentato di correggere il tiro in tal senso. Nel caso delle immagini, per esempio, occorrerà dichiarare esplicitamente che sono frutto di intelligenza artificiale – è il caso dei cosiddetti deepfake – e una certificazione simile verrà applicata anche ai testi. «Occorre capire di che tipo di certificazione o di “etichetta” si tratta, perché chiaramente un semplice logo non basta: è facilmente modificabile». In effetti, il testo del regolamento europeo rimane sibillino, limitandosi a ribadire che essa non debba «ostacolare l’esposizione o la fruizione dell’opera» (emendamento 134).

«L’AI Act è un regolamento, non una direttiva che gli Stati membri devono recepire: dovrebbe quindi essere più specifico, ma questo è un problema che abbiamo incontrato anche con il Gdpr», riconosce Del Federico.

Sulla regolamentazione dell'intelligenza artificiale segnaliamo anche il libro Intelligenza artificiale. Quali regole? della giurista bolognese Giusella Finocchiaro, che approfondisce il tema dell'IA in relazione all’autorialità e all’utilizzo dei contenuti.

 

Caterina Del Federico. Foto concessa dall'intervistata

 

In apertura foto Ansa