Conflitto

«Coloro che coltivano la politica del terrore e dell'odio non rispettano la vita. La rispetta invece chi soffre per i palestinesi, per gli israeliani, per i militari, per il popolo libanese e chiunque si trova nella tragedia guerra. Io per primo soffro senza distinguo». Queste le parole del presidente della Comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz. Dichiarazioni che risentono del peso di un gesto «violento», che ha trasformato la manifestazione in un'escalation «che ha portato dei contenuti, forse anche impropri rispetto a quelle che sono le azioni di tutela e di diritto del popolo palestinese, a cui nessuno si sottrae», sottolinea.

Al corteo pro Palestina di domenica scorsa erano in ottomila, «un'affluenza che nessuno si sarebbe mai aspettato». E tra le file c'erano anche dei cartelloni «antisemiti e razzisti». Una bandiera che brucia, slogan violenti. Parole messe in fila che hanno un portato storico ed emotivo. Veri e propri macigni affidati a dei pezzi di cartone.

«Nella Comunità ebraica - racconta De Paz - si è creato un clima di preoccupazione. Ma a risentirne è anche da un'ampia posizione della città». Anche il sindaco Matteo Lepore si è fatto vivo, dichiarando la propria apprensione riguardo i fatti di domenica scorsa.

Alcuni di quei cartelloni, a tratti fluttuanti sopra centinaia e centinaia di teste, a tratti invece agitati con forza, non solo anti-israeliani ma «antisemiti. Invocare Hitler e bruciare le bandiere ha un significato molto profondo, che è esattamente quello che attiene alla politica di Hamas, ovvero dell'eliminazione non solo dello stato d'Israele ma degli ebrei nel mondo. Di questo dovremmo preoccuparci e dovremmo attivare una serie di anticorpi e strumenti messi appunto dal dopoguerra a oggi». Infondo, come commenta anche De Paz, se la legge Mancini esiste, «esiste perché deve proteggere lo stato italiano. E poi Bologna è sempre stata contro ogni forma di rigurgito fascista e nazista».

Se Gep, movimento Giovani e Palestinesi, scansa le accuse di antisemitismo, il presidente della Comunità ebraica felsinea insiste: «Hamas è il male della Palestina. Mi stupisce che le associazioni in difesa dei palestinesi si affianchino a chi utilizza queste modalità. Quando si cerca un colpevole nei conflitti - ragiona De Paz - è sempre molto complicato. Hitler addossava colpe, quando non ce n'erano. E nessuno si è messo contro». Così anche l'Italia chinò la testa, «forse perché andava bene aver trovato un colpevole per le violenze che la società stava pagando. Adesso dobbiamo agire prima, altrimenti ci facciamo tutti male».

E infine sottolinea De Paz: «Leggere "Rivedrete Hitler all'inferno" non è commentabile. Da cittadino italiano, prima ancora che da ebreo italiano, non posso accettare questo tipo di comunicazione», che strizza l'occhio a un tipo di violenza che «è contro la vita». 

 

Nell'immagine uno dei cartelli al centro di polemiche per il richiamo a Hitler. Foto di Alessia Sironi